Il Canto di Jacques
Al Maestro Jacques de Molay
Ci siamo occupati recentemente della cosiddetta “pista americana”, che condusse i Templari in America e Canada, ben prima di Cristoforo Colombo. Una ipotesi affascinante, formulata da alcuni studiosi che hanno seguito pazientemente le tracce dei Cavalieri dell’Ordine del Tempio in Portogallo, dopo gli arresti in massa effettuati dai seguaci di Filippo il Bello e la fuga dei superstiti dalla Francia. In Portogallo, i Cavalieri Templari godettero di protezioni importanti e diffuse e poterono pianificare la nuova missione: gettare le basi per una nuova civiltà, basata sui valori che da sempre professavano: fratellanza, solidarietà, libertà. La pista americana o portoghese è battuta da tanti ricercatori e studiosi medievisti e gli sviluppi non mancheranno. D’altra parte, da qualche anno le mie ricerche mi avevano condotto su questo stesso filone ed ho pensato di rilanciare questa ipotesi condensando il mio pensiero sul tema attraverso l’ode dedicata al maestro Jacques de Molay.
Quando i Templari ritennero conclusa la loro missione in TerraSanta, pensarono di porre in Europa le basi di un ‘unica Nazione informata ai principi che li avevano sostenuti ed ispirati. Un diverso destino li attendeva. La trappola premeditata in cui caddero non li trovò però del tutto impreparati, abituati da sempre ad essere guardinghi , invidiati com’erano da regnanti e signori ai quali avevano prestato fiumi di denaro per le loro mire espansionistiche.
Fecero appena in tempo a mettere in salvo le preziose reliquie e i documenti inestimabili della grande tradizione dell’Ordine , prima di essere imprigionati, torturati, massacrati. Jacques de Molay, l’ultimo Maestro , condannò con la sua morte da Giusto i suoi nemici.
Nell’anno 893 dell’Ordine appena iniziato, dedico al Maestro Jacques de Molay questi liberi versi, accomunandolo al ricordo dei martiri e degli eroi che hanno sacrificato la propria vita per testimoniare e tramandare Verità e Libertà.
I
L’urlo della falsa verità
ha lacerato troppe notti intrise
di sangue e di menzogne.
L’abominio ha piantato le tende
nel deserto
dei balivi senza onore
difeso dai rostri crudeli
della calunnia.
II
Empi aguzzini
ansimanti di lussuria
guardano legioni
di anime spossate:
già assaporano
il banchetto osceno
della loro linfa.
III
Lo spirito corrotto
che li ha aizzati
non conosce pietà.
Ha affondato le mani sacrileghe
nell’oro altrui
si è nutrito nell’ombra
di rancore e di vendetta
com’io mi nutro
nel buio della terra
di lacrime e di amarezza.
IV
Non piango per me,
per la mia sorte
ma per l’oltraggio
al mio Signore
per l’offesa
ai miei compagni
cavalieri senza voce
depredati della dignità
come del bottino
più ambito.
V
Ho combattuto
per la gloria di Dio
piegando il capo e il ginocchio
ad ogni volere
dei Suoi ministri
ho vegliato
nella sabbia per i pellegrini
sparso il sangue dei predoni
tra le dune soffocanti
per stringere
tra le mani piagate
pergamene vergate d’infamia.
VI
Non c’è più onore
né rispetto nelle segrete
di tutto sono stato spogliato
offeso dall’onta eterna
concepita nell’abisso
del male in terra.
VII
Solo il Signore
mi renderà giustizia
abbattendo
i castelli di bugie
difesi da anime perse.
VIII
Stolti che cercano altrove
Il Graal
non guardano più dentro di sé
naufraghi eterni nel mare
delle loro coscienze vendute.
Credono che con me tutto finirà.
Come sono lontani dal vero
Confidano nel delirio.
Nulla finirà se non loro
tutto scorrerà secondo armonia
attraverso me,
umile strumento dell’Altissimo.
IX
Io, Jacques, maestro e servo
porta spalancata
sul tempo che sarà
sbarrata su ciò che è stato
dal sigillo della verità
che è silenzio.
X
Mentre tutto si compie
nella terra dei gigli insanguinati
secondo il rituale degli usurpatori
la fiamma arde altrove
in un mondo nuovo
sconosciuto per loro
ma caro da tempo
a me ed ai miei compagni.
Un mondo che farà dimenticare
ai popoli
la landa ingrata
che abbevera il suolo arido
col sangue degli araldi innocenti.
XI
Il grande carro di fieno
caldo e profumato
è già partito
per il grande Settentrione
custode di ciò che può
uccidere gli uomini
ma salvare le anime.
Le sue ruote lente e gravi
Inesorabili si fermeranno
nella terra amica
delle genti in pace
novella Gerusalemme
ornata di torri poderose
e guglie svettanti
crogiuolo di spiriti liberi
àncora di verità.
XII
Non si può solcare il mare
della vita
senza essere inghiottiti
dai gorghi delle ere ferite.
Lo sapevo e l’ho accettato
a prezzo dell’ignominia.
Non ho più tempo,
non è più il mio tempo.
Sono stato scelto per questo.
Non vacillerò:
La mia vita
è poca cosa
al cospetto del Disegno
e sarà prezioso olocausto
per chi sa scrutare
l’anima dei tempi che verranno.
XIII
A capo chino
Impotente e sdegnato
ho sostenuto l’iniquo processo,
ho resistito al mare nero
dell’empia accusa
ma l’onda malvagia
non mi ha risparmiato.
Ho scelto l’onore
per morire agli uomini
condannando al rogo eterno
il boia e il suo mandante.
XIV
Tizzone ardente trasfigurato d’Amore:
ecco ciò che sono
mentre la fiamma lenta
mi brucia le carni.
Ardo di pietà
per l’Uomo
che mi ha incendiato d’odio.
XV
L’onore è della terra
già lontana
in spirito invoco
il perdono dell’Onnipotente
slanciandomi nelle Sue braccia.
Il mio canto d’amore
è per Lui
il mio grido di pietà
è per i cavalieri oltraggiati
che presto riabbraccerò
il mio lamento nel fuoco
è di perdono
per i nemici del tempo terreno.
Il mio sospiro , l’ultimo,
è ormai lode
in questa nuova terra,
sotto questo nuovo cielo.
Armando Pannone